Abstract Volume Arlav/10
L’indagine sui Senza Fissa Dimora in Campania, della quale vengono qui presentati i risultati, è stata effettuata nell’ambito della misura 3.4 del POR Campania 2000-2006, denominata “Inserimento lavorativo e reinserimento di gruppi svantaggiati”, i cui destinatari vengono identificati in diverse categorie di soggetti, e cioè: “detenuti ed ex-detenuti, minori a rischio e minori in ristrettezze, tossicodipendenti, immigrati, nomadi, disabili psichici e fisici; soggetti vittime del fenomeno della prostituzione”. Per introdurre il tema di indagine occorre dunque preliminarmente soffermarsi sulle ragioni che hanno indotto a privilegiare come target della ricerca i senza fissa dimora, soprattutto in considerazione del fatto che tale categoria non viene esplicitamente menzionata.
A tale riguardo va subito detto che alla base di tale scelta vi sono numerose ragioni. Una prima ragione, facilmente intuibile, è che nella categoria dei senza fissa dimora sono di fatto comprese molte delle figure sociali menzionate nella misura: dalla letteratura sull’argomento – e, come si vedrà, anche da questa ricerca – si sa infatti che ad imboccare derive di impoverimento e a finire in strada sono generalmente persone socialmente fragili, come gli immigrati ad esempio, e/o che hanno vissuto nel loro percorso biografico esperienze traumatiche e marginalizzanti, come la tossicodipendenza, la prostituzione, la detenzione. Pertanto, lo studio dei senza fissa dimora consente di intercettare molti dei “gruppi più svantaggiati” richiamati nella misura.
Una seconda ragione è che il fenomeno dei senza fissa dimora, o dell’homelessness, come viene chiamato nella letteratura internazionale, pur non essendo certamente un dato nuovo della società contemporanea – dal vagabondo della società tradizionale al clochard della società industriale, la storia è piena di figure di marginali che trascinano la loro esistenza vivendo in strada – è un fenomeno certamente in aumento in tutti i paesi dell’area ricca del mondo.
Infine, una terza ragione è che il fenomeno dei senza fissa dimora molto raramente è stato oggetto di un’attenzione specifica, vuoi per difficoltà tecniche (la quantificazione di soggetti particolarmente “mobili” è per definizione assai ardua), vuoi per valutazioni di opportunità (si ritiene talvolta poco utile destinare risorse alla conoscenza di un fenomeno relativamente limitato rispetto ad altri di ben più ampia portata, come ad esempio la povertà o l’immigrazione), vuoi ancora per ragioni di ordine politico (c’è chi ha messo in luce lo scarso interesse delle istituzioni nel portare alla luce il fenomeno che più di ogni altro ne mette in evidenza il fallimento), vuoi infine per convinzioni ideologiche (tra queste, l’ostinato pregiudizio in base al quale i “barboni” sono tali per scelta più che per forza).
Vi sono dunque almeno tre buone motivazioni, a nostro avviso, per sostenere la scelta di dar voce – fra i gruppi svantaggiati – a quelli che meno occasioni hanno avuto di “uscire dall’invisibilità”.
La ricerca prende le mosse da una prospettiva di analisi che tende a tenere insieme il livello macro (i processi sociali cui si è fatto riferimento in apertura), il livello micro (quello dei soggetti), ed il livello meso, quello delle istituzioni, che si configurano come anello di congiunzione tra “la società” (in particolare il sistema di welfare) e le persone, secondo un approccio per così dire “ravvicinato” che consenta di cogliere i fattori di regolazione microsociale, e cioè l’insieme dei fattori che localmente producono e garantiscono il benessere: per fare un esempio più esplicito, e più direttamente collegato al tema, non si tratta di analizzare la L. 328/00, ma di verificare cosa concretamente diventa l’implementazione di questa legge al livello locale, in relazione alle caratteristiche del contesto, degli stili di intervento degli operatori, e così via.
La ricerca ha di fatto perseguito due obiettivi:
- ricostruire i percorsi, le traiettorie ed i diversi profili dei senza dimora;
- verificare l’operato dei servizi rivolti a questi soggetti.
La ricostruzione dei percorsi di esclusione e delle caratteristiche dei senza dimora – oltre che a soddisfare una generica esigenza di conoscenza del fenomeno – è tesa da un lato a leggere, attraverso le storie dei soggetti intervistati, i processi che nella società contemporanea producono esclusione grave, dall’altro ad individuarne i bisogni. Mentre l’analisi dei servizi rivolti alle persone senza dimora è mirata da un lato a cogliere il “contributo” che, nel senso prima precisato, le istituzioni assistenziali danno alla costruzione sociale del fenomeno, dall’altro a valutarne le capacità di risposta. In particolare, si è inteso verificare la congruenza tra quanto emerge dalle biografie dei soggetti e le rappresentazioni degli operatori, e dunque valutare la capacità delle istituzioni di “leggere” correttamente il fenomeno, condizione preliminare per un’adeguata riposta ai bisogni. Inoltre, attraverso il confronto tra soggetti “non trattati”, destinatari di meri interventi assistenziali, e soggetti coinvolti in progetti di reinserimento, si è inteso riflettere sull’efficacia degli interventi adottati.
L’obiettivo ultimo è quello di evidenziare eventuali nodi critici che si frappongono alla realizzazione di un sistema capace di produrre un autentico reinserimento dei soggetti senza fissa dimora, di riflettere sul ruolo del lavoro all’interno di questo processo, di individuare esempi di “buone prassi”, di dare – sulla base dei risultati emersi – indicazioni di policy utili per una razionalizzazione del sistema degli interventi rivolti alla categoria di soggetti analizzata nella ricerca.